Lunedì della III settimana di Avvento

Ez 9,1-11; Sal 85 (86); Ml 3,13-18; Mt 13,53-58

«Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: “Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?”». Mt 13,54-56

Gesù è a Nàzaret, dove incontra i suoi abitanti. Essi si interrogano su come quel ragazzo potesse dispensare certi insegnamenti perché pensano di conoscerlo fin troppo bene, così increduli e scandalizzati lo disprezzarono negandogli la fiducia. La frase «Nemo propheta acceptus est in patria sua» risulta ancora oggi attuale, perché noi, che siamo “la gente”, fatichiamo ad accettare che qualcuno sia diverso da come lo abbiamo catalogato, inquadrato, definito, giudicato, animati magari anche dall’invidia o dall’incomprensione. Aver fede vuol dire essere pronti a superare i nostri pregiudizi, a cogliere in chiunque un soffio del divino. Essere pronti a cambiare i nostri giudizi sugli altri (che spesso sono sbagliati), a guardare la realtà con occhi da bambino. Riflettiamo, ricordando le parole di papa Francesco: «L’umiltà evangelica porta a non puntare il dito contro gli altri per giudicarli, ma a tendere loro la mano per rialzarli, senza mai sentirsi superiori».

Preghiamo

Rendete grazie al Signore perché è buono
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele: «il suo amore è per sempre».

Sal 118 (117),1-2

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