IV Domenica dopo Pentecoste
Gen 6, 1-22; Sal 13 (14); Gal 5, 16-25; Lc 17, 26-30. 33
Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: «Cancellerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore. (Gen 6,5-8)
In poche righe, la Scrittura definisce il volto del Signore: di primo acchito, seguendo la narrazione, parrebbe che il Signore possa realmente voler distruggere il genere umano. In fondo, però, quella è l’immagine che spesso donne e uomini si fanno di Dio, riducendolo ai loro criteri di giudizio, a unità di misura predefinite, a una forma di giustizia proporzionale. Invece, Dio sorprende, perchè è più grande di ogni attesa: certo il male commesso è ingente e la volontà di eliminarlo deve essere ugualmente radicale. Ciò non significa però che il Signore voglia prendere le distanze dalle sue creature: grazie a Mosè e alla sua discendenza nulla andrà perduto.
Oggi è data a ciascuno la possibilità di contemplare il volto del Signore, per trasformare la propria esistenza: egli non risponde al male con la distruzione, ma rilanciando la possibilità di costruire un’esistenza buona e giusta. Quella possibilità si attua nella misura in cui la risposta di rifiuto radicale del male corrisponde all’impegno, ancor più gravoso, di dedicarsi al bene.
Preghiamo
Ecco, hanno tremato di spavento,
perché Dio è con la stirpe del giusto.
Voi volete umiliare le speranze del povero,
ma il Signore è il suo rifugio.
dal Salmo 13 (14)