II Domenica di Pasqua
At 4,8-24a; Sal 117; Col 2,8-15; Gv 20,19-31
Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. (At 4,13)
Non genera un po’ di commozione leggere queste annotazioni di Luca, che in questo brano degli Atti ci presenta la fragile eppure efficace testimonianza degli Apostoli? Abbiamo davanti agli occhi un piccolo gruppo di persone povere di mezzi, incapaci di collegamenti teologici rilevanti, ma ricche della loro appassionata fiducia in Gesù, trasformate dall’incontro con lui, dall’esperienza della Pasqua, dalla Pentecoste. Ci viene tracciato il solco di una Chiesa piccola e irrilevante, ma capace di generare stupore, interrogativi. E soprattutto una Chiesa che rende visibile il messaggio di Gesù: si capiva bene che quelle povere persone erano state trasformate da quel Gesù che aveva percorso le strade di Palestina, e ne avevano assunto la fisionomia. Non c’è altro da cercare, se non questa somiglianza, questa luminosa trasformazione che avvicina i nostri tratti a quelli del Maestro e Signore di cui tanto parliamo. Semmai c’è da chiedersi se chi vede noi capisce a chi è legato tutto il nostro affaccendarsi e tutto il nostro rivestirci di strutture, organizzazioni, progettualità…
Preghiamo
Amo il Signore, perché ascolta
il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l’orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.
(Sal 116,1-2)