Giovedì della settimana della I Domenica dopo la Dedicazione
Ap 14,1-5; Sal 67 (68); Mt 19,27-29
Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. (Mt 19,29)
Occorre amare le creature solo per Dio, in vista di Dio, perché Dio lo ordina: senza dubbio, bisogna amare i propri genitori, i propri figli, i propri amici, e tutti gli uomini: «Amatevi gli uni gli altri, è così che si vedrà che siete miei discepoli»; ma bisogna amarli non per loro, ma per Dio, non perché sembrano amabili, ma perché Dio ordina di amarli; non bisogna dare a Dio i tre quarti o i nove decimi del proprio cuore, e riservare il resto per le creature; no, no, no: non c’è paragone tra Dio e le creature. A Dio occorre tutto il nostro cuore, i quattro quarti, i dieci decimi… Lui solo deve riempirlo tutto intero. In verità, ameremo anche le creature e le ameremo tanto più quanto più ameremo Dio; ma non le ameremo per loro, le ameremo per Dio.
(C. de Foucauld, L’imitation du Bien-Aimé. Méditations sur les Saints Évangiles, Nouvelle Cité, Montrouge 1997)
DA FRATELLI TUTTI
Il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace. Una persona di fede può non essere fedele a tutto ciò la fede stessa esige, e tuttavia può sentirsi vicina a Dio e ritenersi più degna degli altri. Ci sono invece dei modi di vivere la fede che favoriscono l’apertura del cuore ai fratelli, e quella sarà la garanzia di un’autentica apertura a Dio. (FT 74)