Sabato della settimana della III Domenica dopo l'Epifania

Es 19, 3-8; Sal 95 (96); 2Cor 1, 18-20; Gv 12, 31-36a

Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti». (Es 19,3-6)

Il Signore usa un’immagine molto efficace: egli ha fatto come un’aquila che, quando ancora non sa volare, porta il suo piccolo sulle sue ali. La liberazione è stata un’operazione condotta dal Signore, Israele non ne sarebbe stato capace da solo e non ha dovuto fare altro che affidarsi, come fa un piccolo con la sua mamma. Quel rapporto, però, è destinato a evolvere: infatti, il Signore ricorda che quell’alleanza – ricevuta come un dono che non richiedeva alcuna azione – per essere custodita e mantenuta necessita un ascolto perenne della sua voce, necessita la realizzazione nella vita quotidiana. Tutti, diventati adulti grazie a quanto compiuto dai genitori, vivono solo se sanno farsi carico in prima persona di ciò che hanno ricevuto. L’esperienza del popolo di Israele è quella di ogni cristiano: tutto è ricevuto in dono, ma viene custodito nella misura in cui, come veri adulti nella fede, si è in grado di dare ascolto con responsabilità alla Parola del Signore, per realizzarla praticamente.

Preghiamo

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude,
davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.

Dal Salmo 95 (96)

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