Martedì della settimana della XI domenica dopo Pentecoste
2Cr 28, 16-18a. 19-25; Sal 78 (79); Lc 12, 4-7
Anche quando si trovava alle strette, continuava a essere infedele al Signore: così era il re Acaz. Sacrificò agli dèi di Damasco, che lo avevano sconfitto, dicendo: «Poiché gli dèi dei re di Aram portano a loro aiuto, io sacrificherò a essi e mi aiuteranno». In realtà, essi provocarono la sua caduta e quella di tutto Israele. Acaz radunò gli arredi del tempio di Dio e li fece a pezzi; chiuse le porte del tempio di Dio, mentre eresse altari in tutti i crocicchi di Gerusalemme. In tutte le città di Giuda eresse alture per bruciare incenso ad altri dèi, provocando così lo sdegno del Signore, Dio dei suoi padri. (2Cr 28,23-25)
La condotta del re Acaz si mostra in tutta la sua perversione: di fronte alla difficoltà egli non pensa che il Signore possa essere l’unico rifugio, ma inasprisce il suo rifiuto fino a chiedere il tempio. Quel gesto è il segno evidente del suo rifiuto di entrare in dialogo con il Signore, preferendo affidarsi agli idoli.
La reazione di Acaz nel momento della difficoltà non è poi così particolare: spesso capita di imputare al Signore i momenti difficili e così di rifiutare il suo aiuto, perseverando nel peccato. Proprio quei momenti sono in realtà l’occasione nella quale il rapporto con il Signore potrebbe fare un salto di qualità, si tratta quindi di lasciare che egli interpelli l’esistenza, anche se ciò implica una conversione radicale.
Preghiamo
Siamo divenuti il disprezzo dei nostri vicini,
lo scherno e la derisione di chi ci sta intorno.
Fino a quando sarai adirato, Signore: per sempre?
Arderà come fuoco la tua gelosia?
Dal Salmo 78 (79)