XI Domenica dopo Pentecoste
1Re 21, 1-19; Sal 5; Rm 12, 9-18; Lc 16, 19-31
Quando sentì che Nabot era morto, Acab si alzò per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderne possesso. Allora la parola del Signore fu rivolta a Elia il Tisbita: «Su, scendi incontro ad Acab, re d’Israele, che abita a Samaria; ecco, è nella vigna di Nabot, ove è sceso a prenderne possesso. Poi parlerai a lui dicendo: “Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi!”. Gli dirai anche: “Così dice il Signore: Nel luogo ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue”». (1Re 21,16-19)
Sarebbe semplice additare Acab come un malvagio così incallito da farne un mostro, lontano dalle esistenze comuni. Al contrario, la storia che lo riguarda descrive un’esperienza che tutti possono compiere: a partire da un desiderio proibito, ci si lascia ingannare come se fosse giusto realizzarlo, fino a rimuovere ogni ostacolo. Soprattutto quando si ritiene di avere il diritto di essere ritenuti maggiori di qualcun altro è molto facile trasformare il potere che si può esercitare nei suoi confronti come un’ingiustizia, un’usurpazione che non fa altro se non togliere dignità, vita.
Il Signore, tramite la parola rivolta a Elia è molto chiaro, non si può dire di non capire che egli, sempre, condivide invece la parte di chi è oppresso. Sta a ciascuno, allora, decidere da che parte stare, innanzitutto verificando quali siano le situazioni di oppressione che si contribuisce a costruire, per cambiarle.
Preghiamo
Tu hai in odio tutti i malfattori,
tu distruggi chi dice menzogne.
Sanguinari e ingannatori, il Signore li detesta.
Dal Salmo 5