Giovedì della settimana della VII Domenica dopo Pentecoste
Gdc 16, 4-5. 15-21; Sal 105 (106); Lc 9, 57-62
Ella lo addormentò sulle sue ginocchia, chiamò un uomo e gli fece radere le sette trecce del capo; cominciò così a indebolirlo e la sua forza si ritirò da lui. Allora lei gli gridò: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!». Egli, svegliatosi dal sonno, pensò: «Ne uscirò come ogni altra volta e mi svincolerò». Ma non sapeva che il Signore si era ritirato da lui. I Filistei lo presero e gli cavarono gli occhi; lo fecero scendere a Gaza e lo legarono con una doppia catena di bronzo. Egli dovette girare la macina nella prigione. (Gdc 19,17-21)
La storia di Sansone è segnata da un’alternativa: quando è legato a Dio egli vive, quando lo dimentica, non ha più forza, non può nulla quando il Signore si ritira da lui, la sua forza svanisce. Non significa che Dio sia una persona volubile che, a proprio piacimento, annulla la sua benevolenza e si ritorce con ira contro gli uomini. La storia di Sansone, più precisamente, aiuta a considerare il valore del controllo delle proprie forze e dei propri desideri, infine a fare attenzione alla tentazione di ridurre Dio a colui che può ristabilire l’ordine dopo ogni sciocchezza compiuta, come se non ci fosse valore e differenza nelle azioni che vengono realizzate.
Preghiamo
Salvaci, Signore Dio nostro,
radunaci dalle genti,
perché ringraziamo il tuo nome santo:
lodarti sarà la nostra gloria.
Dal Salmo 105 (106)