Giovedì della settimana della penultima domenica dopo l'Epifania
Sap 18, 20-25a; Sal 104 (105); Mc 11, 15-19
L’esperienza della morte colpì anche i giusti e nel deserto ci fu il massacro di una moltitudine, ma l’ira non durò a lungo, perché un uomo irreprensibile si affrettò a difenderli, avendo portato le armi del suo ministero, la preghiera e l’incenso espiatorio; si oppose alla collera e mise fine alla sciagura, mostrando di essere il tuo servitore. Egli vinse la collera divina non con la forza del corpo né con la potenza delle armi, ma con la parola placò colui che castigava, ricordando i giuramenti e le alleanze dei padri. (Sap 18,20-22)
Di Aronne viene messo in luce che egli agisce tramite la preghiera e la parola, non con altro – sa essere umile di fronte alla grandezza del suo Signore e rimane un suo servitore.
Il loro rapporto, un dialogo fatto di parole, mostra quanto grande sia il Dio di Israele: egli sceglie di entrare in relazione con gli esseri umani, non vuole la loro morte, ma conduce ciascuno alla conversione. Quella conversione apre la possibilità perché tutti facciano esperienza del loro valore, persone tanto degne da potere entrare in una relazione profonda con il Signore; una certezza che anche oggi può modificare la vita di ciascuno.
Preghiamo
Mandò Mosè, suo servo,
e Aronne, che si era scelto:
misero in atto contro di loro i suoi segni
e i suoi prodigi nella terra di Cam.
dal Salmo 104 (105)