IV Domenica di Quaresima
Es 17,1-11; Sal 35 (36); 1Ts 5,1-11; Gv 9,1-38b
Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio». (Gv 9,3)
Bisogna sapere di essere ciechi e quindi desiderare di vedere, saper riconoscere la propria cecità e accettare la luce di Cristo: «Perché cieco? Un castigo? Chi ha peccato?». Domande che sorgono spontanee. È invece attesa di opere grandi di Dio: ogni malato deve poter sperimentare la potenza di Dio attraverso di noi. Elisabeth ha scoperto di avere la lebbra quando era bambina e tutti si sono chiesti di chi fosse la colpa. Le suore hanno deciso di farla diventare infermiera e ora lavora con noi da anni nel nostro lebbrosario, sa cosa vuol dire soffrire per la lebbra, sa portare luce ai malati. Abbiamo un destino di speranza perché ci fidiamo di Gesù che ci apre alla garanzia e alla fiducia nel mondo di Dio.
Preghiamo
Padre della luce,
tu vedi le profondità del nostro cuore,
apri i nostri cuori,
perché vediamo Gesù, unica luce del mondo
e sappiamo professare con forza la nostra fede,
e annunziare con gioia le meraviglie del tuo amore.