Giovedì della V settimana di Pasqua

At 24,27-25,12; Sal 113B; Gv 12,37-43

Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio. (Gv 12,42-43)

A volte, per tutti noi, può essere difficile l’equilibrio tra il desiderio di essere accettati e apprezzati nei contesti in cui viviamo e l’importanza di essere noi stessi, con quello che pensiamo e crediamo prezioso. A volte la pressione sociale ci inibisce, forse anche ci spaventa, e dalla nostra bocca escono considerazioni più di convenienza che non di convinzione; oppure lasciamo estendersi silenzi che fanno male prima di tutto a noi stessi e alla nostra dignità. Forse non possiamo dirci ipocriti, ma magari ci ritroviamo ad agire da pavidi, privi di coraggio. Non si tratta di avviare campagne altisonanti con striscioni e stendardi e nemmeno nuove crociate dal tono un po’ integralista; piuttosto si tratta di domandarci cosa amiamo di più, proprio come suggerisce Giovanni nel Vangelo, per non ritrovarci, di paura in paura, ad «amare la gloria degli uomini più che la gloria di Dio». “Amarne la gloria” vuol dire appassionarsi a un progetto e mettercisi a servizio con dedizione libera e decisa. Per Dio lo sapremmo fare? Lo sappiamo fare?

Preghiamo

Non a noi, Signore, non a noi,
ma al tuo nome da’ gloria,
per il tuo amore, per la tua fedeltà.

Sal 113B,1

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