Martedì della V settimana di Pasqua
At 22,23-30; Sal 56; Gv 10,31-42
«Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. (Gv 10,37-39)
L’incredulità è ampiamente possibile, sempre, e non c’è proprio troppo da stupirsi. L’ha sperimentata Gesù, nonostante la visibilità dei segni da lui compiuti; la riconosciamo attorno a noi e anche decisamente dentro di noi. Possono darci fastidio alcune delle difficili parole di Gesù, dei suoi inviti impegnativi da vivere; ma non chiudiamo gli occhi davanti al manifestarsi dei segni che chiamano a riconoscere quel dono per l’umanità che è stato il Maestro di Nàzaret e Signore. In queste pagine del Vangelo di Giovanni Gesù non nasconde la sua identità di Figlio di Dio, non minimizza il suo legame con il Padre, e invita a fidarsi di lui, un po’ amareggiato per l’ostinato rifiuto dei giudei e un po’ consapevole della difficile novità portata dalle sue parole e dal suo agire. Allora possiamo anche noi stare nel mondo con il dolore per il visibile rifiuto del suo messaggio e insieme con la speranza che il regno di Dio si stia facendo strada nella storia e nel cuore degli uomini, comunque, nonostante tanti segni che sembrano dire altro.
Preghiamo
Della bontà di Dio
piena è la terra, alleluia;
la sua parola creò l’universo, alleluia.
(dalla liturgia)