Lunedì della V settimana di Pasqua
At 21,17-34; Sal 121; Gv 8,21-30
Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». (Gv 8,28-29)
Gesù non sa parlare di sé senza riferirsi al Padre: la prospettiva della sua vita risiede nella continua ricerca della sua volontà e nella ferma decisione di adoperarsi perché si realizzi, come anche ci ha insegnato a desiderare con la preghiera del Padre nostro. Annuncia la sua morte ormai vicina, perché conosce le trame che si stanno muovendo per eliminarlo; osa persino usare per sé quella forte espressione del verbo essere che le Scritture conoscevano solo per Dio stesso, «Io Sono». Ma le sue parole e le sue scelte sono stabilmente un indice puntato verso il Padre, perché chiunque lo ascolta o vede i suoi segni si senta invitato a crescere nella relazione con l’Altissimo. E se questa cosa la fa Gesù, come potremmo noi pensare di darci da fare per brillare agli occhi del mondo, come fossimo noi, o le nostre comunità, la nostra storia o le nostre strutture al centro del regno di Dio? Solo nell’umiltà potremo lasciar emergere la vera bellezza, che è la presenza del Signore.
Preghiamo
O Dio di bontà, innalza l’animo nostro
dagli affetti del mondo alle realtà del cielo.
Per Cristo nostro Signore.