Mercoledì della III settimana di Pasqua
At 8,18-25; Sal 32; Gv 6,1-15
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. (Gv 6,14-15)
Dopo il prodigioso evento dei cinque pani e due pesci divisi per cinquemila persone, attorno a Gesù si moltiplicano attenzione ed entusiasmo: ampi movimenti di folle che però non incontrano la disponibilità del Maestro, che vi si sottrae, cercando marginalità e solitudine. Molti si saranno chiesti se non potesse essere una scelta strategicamente migliore approfittare del successo ottenuto per guidare le folle nel retto cammino; Gesù ha forse perso un’occasione preziosa per parlare ancora del regno di Dio? Giovanni è fermo nell’indicarci questo rifiuto come irrinunciabile esigenza della predicazione di Gesù. Conquistare rilevanza nella storia può favorire l’annuncio della Buona Notizia? Più probabile che si faciliti la confusione nel cuore delle persone, che ne nascano equivoci dannosi, che addirittura si stravolga il messaggio del regno e ci si allontani dalla comprensione di Dio. Gesù non corre il rischio e ci indica la preziosa via della marginalità, più adatta ad abitare il cuore del mondo, più affine al cuore discreto di Dio.
Preghiamo
O Dio, concedi al tuo popolo
di amare ciò che comandi
e di desiderare ciò che prometti
perché, tra le varie vicende del mondo,
siano fissi i nostri cuori dov’è la vera gioia.
(dalla liturgia)