II Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
Is 5, 1-7; Sal 79 (80); Gal 2,15-20; Mt 28,21-32
E ora, abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, siate voi giudici fra me e la mia vigna. Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi? (Is 5,3-4)
Le parole riportate da Isaia interpellano ancora oggi: il Signore, pieno d’amore per la sua vigna, constata il rifiuto che ha ricevuto, descrive ciò che spesso accade agli esseri umani; anziché contraccambiare l’amore, si cerca di neutralizzarlo, rispondendo con il male. Il giudizio che è richiesto mette però in luce la distanza tra la logica del Signore e quella umana. Se normalmente si pensa che a un rifiuto così netto debba corrispondere un’interruzione dei rapporti, la storia della salvezza riporta un altro finale: l’amore del Signore non si arresta, né può essere neutralizzato, anzi si dilata fino al dono del Figlio.
È in quell’incessante offerta d’amore che ogni donna e ogni uomo può trovare la risorsa per convertirsi, per modificare il rifiuto iniziale fino ad aprirsi dedicando la propria vita per rispondere a quanto ricevuto.
Preghiamo
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,
fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
dal Salmo 79 (80)