Mercoledì della settimana della VIII domenica dopo Pentecoste

1Sam 17, 1-11. 32-37. 40-46. 49-51; Sal 143 (144); Lc 10, 17-24

Saul rispose a Davide: «Tu non puoi andare contro questo Filisteo a combattere con lui: tu sei un ragazzo e costui è uomo d’armi fin dalla sua adolescenza». Ma Davide disse a Saul: «Il tuo servo pascolava il gregge di suo padre e veniva talvolta un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. Allora lo inseguivo, lo abbattevo e strappavo la pecora dalla sua bocca. Se si rivoltava contro di me, l’afferravo per le mascelle, l’abbattevo e lo uccidevo. Il tuo servo ha abbattuto il leone e l’orso. Codesto Filisteo non circonciso farà la stessa fine di quelli, perché ha sfidato le schiere del Dio vivente». Davide aggiunse: «Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell’orso, mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo». (1Sam 17,33-37)

Davide sembra non avere alcuna speranza di successo: non solo egli è minimo rispetto a Golia, ma il rapporto è sproporzionato anche nei confronti di Saul: da una parte un giovane inesperto, dall’altra un re autorevole.
La grandezza di Davide sta proprio nella sua piccolezza: essa gli consente di non appoggiarsi su risorse proprie, né sulla forza, né sull’esperienza, ma di riconoscersi bisognoso. Egli sa rileggere la propria storia e i suoi successi non come frutto delle proprie capacità, ma come conseguenza dell’aiuto del Signore. Ciò gli consente di riconoscere il Signore come colui che non abbandona, quindi ha il coraggio di affrontare anche la nuova prova.
Il passato di ciascuno può diventare la traccia per riconoscere che il Signore è fondamento della propria esistenza, fino a consistere nell’unica sicurezza per le scelte future.

Preghiamo

Benedetto il Signore, mia roccia,
che addestra le mie mani alla guerra,
le mie dita alla battaglia.

Dal Salmo 143 (144)

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