Lunedì della settimana della IV Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
Gc 2, 14-26; Sal 111 (112); Lc 18, 28-30
A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. (Gc 2,14-17)
Giacomo non separa la fede dall’azione, ma specifica in cosa consista la fede: non si limita a una conoscenza ridotta a formule, ma si basa sulla conoscenza piena, è esperienza vissuta della storia di Gesù, vicenda di carne. La fede si esaurisce quando non dipende dalla posizione presa nella storia, mettendo tra parentesi la vita. Quando si evita di condividere la concretezza reale, ponendosi come estranei, allora la vita non può propagarsi; anche la fede incapace di prendere posizione, separata dall’azione, si dissolve. Al contrario, la fede è nutrimento reale, le sue parole sono gustose e vitali perché sono fondate sulla Parola fatta carne.
Preghiamo
Il giusto opera il bene e vive con fede.
Beato l’uomo che teme il Signore
e nei suoi precetti trova grande gioia.
Potente sulla terra sarà la sua stirpe,
la discendenza degli uomini retti sarà benedetta.
Prosperità e ricchezza nella sua casa,
la sua giustizia rimane per sempre.
Dal Salmo 111 (112)