Mercoledì della settimana della VII Domenica dopo Pentecoste

Gdc 1, 1-8; Sal 17 (18); Lc 9, 51-56

I figli di Giuda attaccarono Gerusalemme e la presero; la passarono a fil di spada e l’abbandonarono alle fiamme.  (Gdc 1,8)

Il momento dopo la morte di Giosuè fa temere che la benevolenza del Signore, che l’aveva accompagnato con abbondanza, possa cessare. La sconfitta dei popoli Cananei e Perizziti, invece, sta a indicare che il Signore non revoca la sua promessa, anzi la porta a compimento fino alla conquista di Gerusalemme. Certo non lascia indifferente la violenza con la quale è descritta quella vittoria, né il fatto che ancora sia applicata una logica vendicativa. Ciò che importa, tuttavia, è il fatto che la storia della salvezza si attua nella storia del mondo, Dio non agisce in ambiti limitati, né si limita a proporre una presenza solo interiore.
Quanto descritto nel libro dei Giudici provoca ciascuno a considerare se si è in grado di interrogare la storia, propria e del mondo, con criteri spirituali, chiedendone il senso al Signore e verificandolo a partire dai suoi criteri, che sono ben differenti dall’affermazione del potere e della violenza.

Preghiamo

Ti amo, Signore, mia forza,
perché tu salvi il popolo dei poveri.
Con te mi getterò nella mischia,
con il mio Dio scavalcherò le mura.

Dal Salmo 17 (18)

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