IV Domenica dopo Pentecoste

Gen 4, 1-16; Sal 49 (50); Eb 11, 1-6; Mt 5, 21-24

Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?».  (Gn 4,8-9)

Non sapere dove sia il fratello, non conoscere le sue condizioni. Affermando così Caino descrive ciò che è successo: egli si schermisce, chiedendo se debba essere il custode del fratello, quando in realtà ha fatto il contrario, ha trasformato la necessaria cura, che dà la vita, in dimenticanza della fratellanza, in morte. Proprio con quella domanda mette in evidenza un dato valido anche oggi: ciascuno è responsabile della vita degli altri, la vita di tutti è affidata alla cura reciproca. In caso contrario, non si fa altro che dare la morte.
Oggi è il giorno per considerare che in Gesù, colui che si è preso cura di tutti dando la vita fino a morire, a ciascuno è stata data in dono la responsabilità per l’altro, non come peso gravoso, ma come occasione per essere pienamente se stessi, riconoscendo tutti fratelli e sorelle. Scoprendo la possibilità di relazioni vere, scoprendo la possibilità di vivere fino in fondo.

Preghiamo

Ti siedi, parli contro il tuo fratello,
getti fango contro il figlio di tua madre.
Hai fatto questo e io dovrei tacere?
Forse credevi che io fossi come te!
Ti rimprovero: pongo davanti a te la mia accusa».

Dal Salmo 49 (50)

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