II Domenica dopo Pentecoste

Sir 18, 1-2. 4-9a. 10-13b; Sal 135 (136); Rm 8, 18-25; Mt 6, 25-33

Che cos’è l’uomo? A che cosa può servire? Qual è il suo bene e qual è il suo male? Quanto al numero dei giorni dell’uomo, cento anni sono già molti. Come una goccia d’acqua nel mare e un granello di sabbia, così questi pochi anni in un giorno dell’eternità. Per questo il Signore è paziente verso di loro ed effonde su di loro la sua misericordia. Vede e sa che la loro sorte è penosa, perciò abbonda nel perdono. (Sir 18,7-9a.10-11)

L’autore del libro del Siracide considera la vita umana a partire da un punto di vista particolare: se si valuta l’esistenza soltanto a partire dalle sue caratteristiche, il bilancio non è positivo, perché l’essere umano si perde come un nulla rispetto all’immensità dell’universo, in una storia di millenni, nella quale le singole persone non possono essere ricordate. Quella che sembra una mancanza, trova però un valore massimo a partire dallo sguardo di Dio: l’amore che Dio riversa su ogni creatura ci impedisce di sminuirne l’importanza. Giorno per giorno, ciascuno ha l’opportunità di scoprire quel valore.

Preghiamo

Rendete grazie al Dio degli dèi,
perché il suo amore è per sempre.
Rendete grazie al Signore dei signori,
perché il suo amore è per sempre.
Lui solo ha compiuto grandi meraviglie,
perché il suo amore è per sempre.

dal Salmo 135 (136)

 

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