Martedì della settimana della V domenica dopo Pentecoste
Dt 25, 5-10; Sal 127 (128); Lc 8, 16-18
In quei giorni. Mosè disse: «Quando i fratelli abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si sposerà con uno di fuori, con un estraneo. Suo cognato si unirà a lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere di cognato. Il primogenito che ella metterà al mondo, andrà sotto il nome del fratello morto, perché il nome di questi non si estingua in Israele. (Dt 25,5-6)
Quanto contenuto nella Legge di Israele risente sicuramente della cultura del tempo, quella norma, se fosse applicata ancora oggi, non consentirebbe alcuna libertà alla sposa e pertanto non può essere accolta nel suo senso letterale.
Non viene meno, però, il senso che quella norma esprime: il Signore non abbandona l’alleanza che ha stretto con il popolo, le generazioni di Israele non avranno fine, ma una discendenza sarà sempre assicurata.
La possibilità di continuare a vivere nella storia è un dono offerto a ciascuno, interroga ancora oggi ogni cristiano per verificare quanto la propria vita sia impegnata a trasmettere alle generazioni future ciò che a propria volta si è ricevuto.
Preghiamo
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.
Dal Samo 127 (128)