X Domenica dopo Pentecoste

1Re 7, 51 – 8, 14; Sal 28 (29); 2Cor 6, 14 – 7, 1; Mt 21, 12-16

Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore. Allora Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura. Ho voluto costruirti una casa eccelsa, un luogo per la tua dimora in eterno». Il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, mentre tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi.  (1Re 8,10-14)

Salomone termina la costruzione del tempio e festeggia quell’evento come un traguardo. Infatti, egli non ha semplicemente concluso la realizzazione di una grande opera, ma favorisce la presenza di Dio in mezzo al popolo. Quando l’arca dell’alleanza è posta nel tempio il Signore lo riempie con la sua presenza, Salomone riconosce che quella presenza non sarà revocata, ma stabile per sempre.
Ma la collocazione del Signore nel tempio comporta un rischio, quello di sentirsi rassicurati a partire dalla sua semplice presenza. Si è tentati di ritenere che l’impegno personale, la scelta di vivere in modo conseguente all’incontro con Lui non siano importanti, la sua presenza è ridotta ad un amuleto, come una cosa piuttosto che come una relazione da mantenere viva.

Preghiamo

La voce del Signore è forza,
la voce del Signore è potenza.
La voce del Signore saetta fiamme di fuoco.
Nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».

dal Salmo 28 (29)

 

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