Venerdì della settimana della Domenica che precede il martirio di san Giovanni il Precursore
2Mac 12, 38-46; Sal 102 (103); Gv 1, 35-42
Il nobile Giuda esortò tutti a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto a causa del peccato di quelli che erano caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione. Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. (2Mac 12,42-46)
In questi versetti, per la prima volta in modo così netto, si presenta la consapevolezza della resurrezione. Quella certezza fa cambiare lo sguardo non solo sulla vita che sarà dopo la morte, ma comporta una valutazione differente della vita terrena. Infatti, è quella consapevolezza che spinge Giuda a compiere un sacrificio per riparare al peccato di idolatria commesso dai suoi compagni morti.
Quell’azione mette in discussione la fede di ciascuno: realmente i cristiani interpretano la loro vita e la storia a partire dalla certezza della resurrezione? Si è capaci, come Giuda, di intendere la vita eterna non solo per ciò che comporta a livello individuale, ma secondo un orizzonte comunitario, che comporta la cura per la vita di tutti?
Preghiamo
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.
Dal Salmo 102 (103)