Martedì della settimana della Domenica che precede il martirio di san Giovanni il Precursore
2Mac 4, 7-12a. 13-17a; Sal 93 (94); Lc 3, 15-18
Essendo passato all’altra vita Selèuco e avendo preso le redini del governo Antìoco, chiamato anche Epìfane, Giasòne, fratello di Onìa, volle procurarsi con la corruzione il sommo sacerdozio e, in un incontro con il re, gli promise trecentosessanta talenti d’argento e altri ottanta talenti riscossi con un’altra entrata. Oltre a questi prometteva di versargli altri centocinquanta talenti, se gli fosse stato concesso di erigere di sua autorità un ginnasio e un’efebìa e di costituire una corporazione di Antiocheni a Gerusalemme. Avendo il re acconsentito, egli, ottenuto il potere, fece subito assumere ai suoi connazionali uno stile di vita greco, annullando i favori concessi dai re ai Giudei per opera di Giovanni, padre di quell’Eupòlemo che compì l’ambasciata presso i Romani per negoziare il patto di amicizia e di alleanza; quindi, abolite le istituzioni legittime, instaurò usanze perverse. (2Mac 4,7-11)
Il libro dei Maccabei fa risaltare con asprezza gli aspetti più meschini che caratterizzano l’umanità. Il passaggio alla cultura greca, che comporta l’abbandono della legge ebraica e quindi la perdita della specificità del rapporto di Israele con il suo Signore, avviene a causa della brama di denaro. Si tratta purtroppo di una situazione assai comune, che mette tutti in discussione perché chiede di interrogarsi su quanto, spesso, anche la testimonianza dei cristiani sia oscurata da desideri personali di potere e possesso. Nessuno può dirsi estraneo a questa tentazione, ma è possibile convertirsi perché tramite la propria vita risplenda con chiarezza il primato di ciò che vale davvero.
Preghiamo
Àlzati, giudice della terra,
rendi ai superbi quello che si meritano!
Fino a quando i malvagi, Signore,
fino a quando i malvagi trionferanno?
Calpestano il tuo popolo, Signore,
opprimono la tua eredità.
dal Salmo 93 (94)