Martedì della III settimana di Avvento
Ger 3,6a; 5,25-31; Sal 102 (103); Zc 6,9-15; Mt 15,1-9
«Voi invece dite: “Chiunque dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è un’offerta a Dio, non è più tenuto a onorare suo padre”. Così avete annullato la parola di Dio con la vostra tradizione. Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia». (Mt 15,5-7)
Inizia un nuovo scontro tra «alcuni farisei e scribi, venuti da Gerusalemme» e Gesù. Il contendere riguarda la «tradizione degli antichi», cioè il modo di vivere della Torah, Legge scritta di Mosè, ma applicata dalla tradizione orale di scribi e farisei. Gesù richiama all’osservanza del comando di Dio come punto di partenza per operare il discernimento. Il rischio è che la tradizione degli uomini, a volte, possa annullare il comando di Dio. Il caso concreto è l’onore al padre e alla madre, quarta delle dieci parole. Secondo la tradizione l’offerta consacrata a Dio è Qorban, sacra e inalienabile: i beni destinati all’assistenza dei genitori non possono essere riservati al tempio. Tale espediente – nato solo per difendere le proprie cose – contrasta con la Legge di Dio diventando mancato onore al padre e alla madre. Rischiamo anche noi di annullare la Parola di Dio con le nostre tradizioni? Sappiamo compiere un’unità sapiente tra l’atteggiamento esteriore e la decisione del cuore?
Preghiamo
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono,
perché egli sa bene di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
Dal Salmo 18 (19)