Domenica dopo l'Ascensione, VII di Pasqua

At 1,15-26; Sal 138(139); 1Tm3,14-16; Gv 17,11-19

«Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità». (Gv 17,19)

A causa della nostra condizione di umanità pecca­trice e ingiusta, si è posta la necessità dell’incar­nazione, morte e resurrezione del Figlio. Non sappiamo se, nell’eventualità di un’umanità incorrotta, egli avrebbe comunque assunto la condizione umana,  ma la necessità resta tutta nostra. Dio non ha creato dolore e morte (Sap 2,23­24) né peccato e ingiustizia. Nel vangelo di oggi, pur dichiarando la compiutezza della sua opera, Gesù non dice: «… Io quello che dovevo fare l’ho fatto!». La comunità amata resta oggetto della sua cura. Egli non si sottrae al conflitto. Lui sa che nel mondo il maligno, seb­bene detronizzato per mezzo della sua croce, ha vita faci­le: la menzogna che ci ha messo nel cuore al principio (Gen 3,4-5) ha radici profonde.
Per noi Gesù consacra se stesso. Consacrare significa “mettere da parte per”, “dedicare esclusivamente a”: per lui veniamo consa­crati nella verità e mandati al mondo. C’è un annuncio che guarisce il mondo. Dio vuole guarire il mondo per contagio! Lasciamoci guarire e diverremo contagiosi.
Come diceva san Serafino di Sarov: «Acquista la pace e migliaia intorno a te troveranno la salvezza».

 

Preghiamo col Salmo

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
ti sono note tutte le mie vie.
Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.

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