IV Domenica di Pasqua

At 20,7-12; Sal 29(30); 1Tm 4,12-16; Gv 10,27-30

«Io dò loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano». (Gv 10,28)

Nel vangelo di Giovanni non c’è il racconto della trasfigurazione. Si dice, infatti, che esso è tutto un vangelo di trasfigurazione. Nei tre vangeli sinottici tutto è sapientemente velato fino alla fine, mentre in Giovanni tutto è esplicito sin dall’inizio, senza per que­sto esaurire il mistero di Cristo (Gv 21,25). Oggi, Gesù, fa una rivelazione particolarmente importante, difatti ci spiega perché ciascuno di noi è suo discepolo (cioè pec­catore amato): è a causa della sua voce.
La voce è una delle unicità che più caratterizza la persona. Il suono della voce sa evocare, nella nostra memoria, parole ed opere di colui che riconosciamo attraverso di essa. La voce di Gesù ha il tono unico di chi ci conosce fino in fondo, molto più di quanto noi potremo mai conoscere noi stes­si. Nella stessa misura, fino in fondo, lui conosce il Padre così come da lui è conosciuto (1Cor 13,12).
La sua voce porta con sé le parole e le opere da lui compiute per noi. Ad esse ci rimanda continuamente, imprimendole a fuoco nella nostra anima. Nella sua voce troviamo pace, perché grazie ad essa abbiamo fiducia che nessuno potrà mai strapparci dalla sua mano. Perché l’onnipotente ci ama (Rm 8,28-39).

 

Preghiamo

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera è ospite il pianto
e al mattino la gioia.

(dal Salmo 29)

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