At 27,1-11.14-15.21-26.35-39.41-44; Sal 46(47); 1Cor 13,1-13; Gv 13,12a.16-20

 

«Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno». (Gv 13,18)

 

Gesù ha appena lavato i piedi ai suoi discepoli facendo, così, l’ermeneutica della sua passione, spiegandone il senso e i motivi. Il cuore di chi offre corpo e sangue è lo stesso di chi ha cura dei suoi discepoli, amati fin nelle cose più piccole, meno gradevoli e che si vorrebbero nascondere. Gesù non ha vergogna di noi. Inoltre, nella lavanda dei piedi, egli “scrive”, cioè dipinge, un’icona, manifestando il cuore del Figlio iden­tico a quello del Padre. E noi? Noi siamo chiamati, prima di tutto, a lasciarci servire da lui (13,8). Non accogliere il suo servizio è rifiutare il suo amore, cioè tagliarsi fuori dalla vita eterna! Solo dal suo servizio d’amore può sor­gere, balbettando, il nostro servizio. Il “lavoro” di Dio in noi, per mezzo dei sacramenti, della Parola e dell’esi­stenza tutta, è proprio quello di “tirare fuori” la nostra so ­miglianza col Figlio. Per fare questo è disposto ad accet­tare che nella sua comunità vi sia chi alza il suo calcagno contro di lui. Dio tutto sopporta e tutto scusa perché tutto crede e tutto spera (1Cor 13,7)! Lui sa che il suo amore è invincibile, alla fine riuscirà a sedurre la nostra libertà.

 

Preghiamo

 

Ti lodo, Signore; tu eri in collera con me,

ma la tua collera si è placata e tu mi hai consolato.

Ecco, Dio è la mia salvezza;

io avrò fiducia, non avrò timore,

perché mia forza e mio canto è il Signore;

egli è stato la mia salvezza.

(Is 12,1-2)

 

[La Parola ogni giorno – "La creazione geme e soffre le doglie del parto". Gesù Cristo, sposo dell’umanità – Tempo di Pasqua 2012 – Centro Ambrosiano]

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