Lunedì della settimana della IX Domenica dopo Pentecoste
2Sam 5,1-12; Sal 88; Lc 11,1-4
“Uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli”. (Lc 11,1)
Come diciamo spesso, Gesù racconta suo Padre. Quale modo migliore, per farcelo incontrare, che mettere nella nostra mente, nel nostro cuore e sulle nostre labbra le parole e i desideri propri del Figlio? Giovanni il battista questo non avrebbe potuto farlo. Solo nella comunione col Figlio eterno noi possiamo chiamare Dio “papà” (Gal 4,6). Ma non è un problema di parole e suoni. E’ una questione di somiglianza. Quella somiglianza che ci fu consegnata e affidata gratuitamente in principio e che è stata deturpata dalla perdita della fiducia, avendo creduto al “racconto” del serpente (Gen 3,1ss). Gesù, sulla croce, “disegna” per noi un Dio diverso. Un Dio che si consegna nelle nostre mani per farci toccare che non abbiamo nulla da temere da Lui.
Contemplando il Figlio possiamo imparare anche noi a dire “abbà, papà” a Dio. Così il suo regno verrà e santificheremo il suo nome.
Preghiamo col Salmo
Egli mi invocherà: ”Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza”.
Io farò di lui il mio primogenito,
il più alto fra i re della terra.