san Giuseppe lavoratore

 

DOMENICA 1 MAGGIO

 

 

At 21,40b-22,22 / Sal 66 (67); Eb 7,17-26; Gv 16,12-22

 

«Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia». (Gv 12,22)

 

Il rapporto tra il dolore e la gioia, tra la comunione e il distacco, tra la condivisione e la perdita costituisce una delle grandi questioni sulle quali l’uomo da sempre riflette e si interroga. Anche Gesù lo fa, nel contesto del discorso d’addio durante la sua ultima Pasqua, e lo fa pensando soprattutto ai suoi discepoli, frastornati e sconvolti all’idea di perdere il loro maestro. Le parole di Gesù consolano ed incoraggiano: egli, infatti, promette loro di non lasciarli soli perché lo Spirito li condurrà alla verità e li sosterrà nelle prove.

Il dolore che i discepoli dovranno sostenere non sarà inutile e vuoto, sarà piuttosto come quello di una donna che mette al mondo un figlio: il nome di quel dolore è il travaglio da cui passare per raggiungere una gioia più grande e indistruttibile, quella che nessuno può strappare via.

Perdere Gesù è drammatico perché ci precipita in una solitudine incolmabile, sappiamo però che lui non ci abbandona ed allora non cediamo allo sconforto, guardiamo oltre, a quella fecondità, a quella novità di vita che ne scaturirà.

 

 

Preghiamo

 

Rendici forti, Signore, nelle prove della vita,

tempra il nostro passo,

non abbandonarci mai.

Solo così sapremo cogliere

quella gioia che non ha limiti perché viene da te.

 



[da: La Parola ogni giorno. La sapienza è uno spirito che ama l’uomo, Pasqua 2016, Centro Ambrosiano, Milano]

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