Ger 23,1-8; Sal 88 (89); Eb 11,1-2. 39-12,2a; Mt 21,28-32

 

 

«Tenendo fisso lo sguardo su Gesù».  (Eb 12,2)

        

                                                                                     

Per nessuno di noi è semplice fissare lo sguardo per molto tempo su un oggetto o su una persona. Esige una certa dose di attenzione, di concentrazione, di volontà. A meno che tale oggetto o la persona non sia capace di attrarci con la sua bellezza, non generi in noi stupore per la singolarità di ciò che dice o rivela. In questo caso la concentrazione dello sguardo diviene quasi spontanea, come tra due innamorati.

L’autore della lettera agli Ebrei, crediamo, voglia invitarci a questo. Non tanto ad uno sforzo volontaristico ma a percepire la bellezza che egli stesso ha riconosciuto nell’umanità affascinante di Gesù. Lo stupore di chi ha visto in Lui la sorgente ed il compimento della sua fede.

Egli sembra, però, anche  delineare i tratti del cammino che lo hanno condotto a questa meta. L’essere passato dalla  testimonianza, all’incontro con il vero “oggetto” della fede e l’aver deposto il peso del peccato, per imparare  la “corsa perseverante” del discepolato.

 

 

Preghiera

Voglio esse franco. Non m’importa un Dio «qualunque», onnipotente e assoluto fin che vuoi. Meno ancora un Gesù che sia soltanto un profeta (non importa se maggiore o minore) finito malamente.

Il mio motto è «Aut Christus aut nihil». É quello il cuore, il Dio figlio di Dio, quello è il centro, il sole che m’illumina, la notte che tutto avvolge e rinfresca, la linfa, il sangue che scorre a dar vita, senso, sapore, allegria – sì, miseriaccia, allegria! – a un cosmo che senza di lui sarebbe un incomprensibile ammasso di meraviglie sospese nel nulla.      

  (I. A. Chiusano)

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