Ct 7,13a-d.14;8,10c-d; Sal 44(45);Rm 8,24-27; Gv 16,5-11

 

“…se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito”.           (Gv  16,7)

 

“Il re è invaghito della tua bellezza”; è un amore estatico, che porta fuori di sé. Anche Paolo ce ne parlerà a proposito di Cristo che consegna sé stesso per farsi comparire davanti la Chiesa tutta gloriosa, santa e immacolata ( Ef 5,27). Questo amore, di cui siamo oggetto come comunità e come singoli, è la nostra speranza. Lo Spirito che è in noi prega, geme, desidera. Egli parla all’intimo più intimo di noi stessi. Lui è più intimo a noi di noi stessi (S. Agostino).Questi desideri che si agitano nel nostro profondo, ai quali non riusciamo a dar nome, sono perfettamente “interpretati” dallo Spirito. Lui che “corre” tra Padre e Figlio, “corre” anche tra Trinità creatrice e umanità creata. Lui che è il “noi” del Padre e del Figlio, allarga le tende trinitarie per farci entrare in questa comunione. Lui che è Cielo, riempie e ricrea la Terra. Lui può realizzare in Terra ciò che è “già” in Cielo. Lui, come medico, convincerà il mondo della sua malattia, non per condannarlo (Gv 3,17), ma per guarirlo.

 

Preghiamo

 

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,

così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;

quanto dista l’oriente dall’occidente,

così egli allontana da noi le nostre colpe.       

  (dal salmo 102)

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