At 21,8b-14; Sal 15(16); Fil 1,8-14; Gv 15,9-17

 

“Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi”.            (Gv 15,9)

 

La gioia di chi si scopre erede. Il salmo  esprime, profeticamente, ciò che Gesù dichiara nel vangelo odierno. C’è nel salmista un’esuberanza di fiducia, di tenerezza, di sicurezza, di gioia:”nelle tue mani è la mia vita”. In ciascuno di noi si trova un profondo bisogno di affidamento di sé. Noi aneliamo ad avere qualcuno di cui poterci fidare fino in fondo, senza riserve. Il Figlio “ha” questo qualcuno. E’ il Padre. Gesù è l’unico che può recitare in verità questo salmo. Noi anche: in lui e per sua grazia. Questo perché ci ha fatto conoscere tutto ciò che ha udito dal Padre. Lui, unico erede, ci fa coeredi (Rm 8,17). Per questo non ci chiama più servi. Dio non ha bisogni. Non possiamo comprarlo facendogli dei favori. Non resta impressionato dalle nostre gesta eroiche; anche offrire il petto alla spada potrebbe essere opera vana (1Cor 13,3). Davanti al cuore di suo Figlio, invece, si commuove: è perfettamente somigliante al suo. L’amore per il Padre e per i fratelli, sarà l’unico motivo per cui il Figlio offrirà il proprio corpo. Anche Paolo farà così, perché ha trovato ciò che vale più della vita (Sal 62,4).

 

Preghiamo

 

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:

nelle tue mani è la mia vita.

Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi:

la mia eredità è stupenda.                         

        (dal salmo 15)

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