Sabato della V settimana di Pasqua
At 27,1-11.14-15.21-26.35-39.41-44; Sal 46; 1Cor 13,1-13; Gv 13,16-20
Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! (1Cor 13,12b-13)
Dopo il noto e bellissimo Inno alla carità, Paolo non nasconde ai credenti di Corinto di sapere che il suo sguardo, come quello di tutti, è ancora limitato, «confuso», bisognoso di una limpidezza che ci apparterrà solo nella piena comunione con Dio. Dio legge la nostra storia, noi fatichiamo un poco a intravvedere qualcosa di lui. Ma una cosa è certa, ci dice l’apostolo: l’amore è la cosa più grande, è cioè quanto maggiormente ci avvicina a Dio. Se vogliamo cogliere qualcosa di lui, la via è quella dell’amore. Certo, la fede è un grande aiuto: indica la strada, mantiene in un orizzonte certo. Preziosissima anche la speranza, che ci consente di non sprofondare laddove il cammino si fa duro e faticoso. Ma la carità, l’amore è già anticipo della visione, caparra di perfezione; è ciò che resta quando tutto scompare. Non chi crede sa perciò amare e conosce Dio, bensì chi ama abita in Dio e giunge a riconoscere il suo volto. Non conta, allora, quanto sappiamo o sappiamo fare: conta e conterà quanto amore sapremo vivere e donare, solo questo.
Preghiamo
Alleluia. Signore Gesù, testimone fedele,
primogenito dei morti,
tu ci hai amati e ci hai liberati dai nostri peccati
con il tuo sangue. Alleluia.
(dalla liturgia)