Martedì della settimana della IX domenica dopo Pentecoste
1Cr 14, 17 – 15, 4. 14-16. 25 – 16, 2; Sal 131 (132); Lc 11, 5-8
Tutto Israele faceva salire l’arca dell’alleanza del Signore con grida, con suoni di corno, con trombe e con cimbali, suonando arpe e cetre. Quando l’arca dell’alleanza del Signore entrò nella Città di Davide, Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra, vide il re Davide ballare e far festa e lo disprezzò in cuor suo. (1Cr 15,28-29)
Mical disprezza Davide, a suo parere non ha saputo mantenere la sua dignità regale. Danzare e fare festa, quasi in maniera sconveniente, è per lei inopportuno, in quanto lo rende in tutto simile al resto del popolo, annulla le distanze che gli assicurano prestigio.
Eppure, il modo in cui Davide interpreta la regalità è quello corretto: egli riconosce che ogni potere gli viene dal Signore e a lui si può rendere culto gratuitamente, senza temere il giudizio di chi ritiene ciò inadeguato. Proprio il fatto di fare festa insieme al popolo consente a Davide di essere re, riconoscendo l’unico Signore scopre che il suo ruolo non è quello di preservare le distanze, ma di creare legame, rimanendo con tutto il popolo, a suo servizio.
Oggi è il giorno per interrogarsi sul tipo di ostacoli e di pregiudizi che poniamo nel rapportarci in modo sincero e totale al Signore, creando distanza con lui e di conseguenza con i fratelli.
Preghiamo
Sorgi, Signore, verso il luogo del tuo riposo,
tu e l’arca della tua potenza.
I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia
ed esultino i tuoi fedeli.
Dal Salmo 131 (132)