Mercoledì della III settimana di quaresima
Gen 21,7-21; Sal 118 (119),73-80; Pr 10, 28-32; Mt 6,19-24
Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. (Mt 6,24)
I nostri rapporti con le cose devono essere da veri figli di Dio. È lui il nostro tesoro e le cose sono dunque doni del suo amore smisurato. Noi cerchiamo sempre di mettere insieme Dio e le cose, idoli che costruiamo quotidianamente. Gesù ci sta chiedendo di scegliere se fondare la nostra vita in Dio o sugli idoli che ci si presentano ogni giorno. L’uomo è sempre «di» qualcuno, è nella relazione che egli continuamente si genera. In questo brano inizia, potremmo dire, la conclusione del grande discorso della montagna che culmina con il comandamento dell’amore. Ciò che indica la verità è dunque la paternità di Dio, il nostro essere di Qualcuno, alla ricerca di quel tesoro, di quella luce che scaccia le tenebre del nostro cuore.
Preghiamo
Poni in segreto davanti a me
la luce della tua parola,
che essa diriga la mia rotta sul mare per il viaggio.
La tua Parola è luce e il mondo un mare.
Ponila davanti a me!
Perché, attirato da essa,
io trovi il porto sicuro!
(Giacomo di Sarug)