X Domenica dopo Pentecoste
1Re 8, 15-30; Sal 47 (48); 1Cor 3, 10-17; Mc 12, 41-44
Ora, Signore, Dio d’Israele, si adempia la tua parola, che hai rivolto al tuo servo Davide, mio padre! Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito! Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, Signore, mio Dio, per ascoltare il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te! (1Re 8,17-19)
Salomone si rivolge al Signore una volta costruito il tempio. Egli riconosce il senso pieno del tempio e il suo paradosso: un luogo nel quale fare esperienza della presenza del Signore, nonostante la sua grandezza non possa essere ridotta né costretta in alcun spazio limitato.
Il tempio è un ulteriore dono del Signore, in quanto egli offre a ogni persona la possibilità di incontrarlo e di entrare in dialogo con lui, di fare esperienza della sua vicinanza.
I cristiani sanno che Gesù porta a compimento il senso del tempo: Dio si fa incontrare definitivamente nella storia di Gesù, tanto da rovesciare ogni criterio umano: non la grandezza, ma l’umiltà di chi dona tutto sé stesso diventa l’occasione della relazione piena con lui.
Preghiamo
Grande è il Signore e degno di ogni lode
nella città del nostro Dio.
La tua santa montagna, altura stupenda,
è la gioia di tutta la terra.
Il monte Sion, vera dimora divina,
è la capitale del grande re.
Dal Salmo 47 (48)