Venerdì della I settimana di Avvento

Ez 3,16-21; Sal 50 (51); Gl 3,1-4; Mt 9,35-38

«Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore.» (Mt 9,36)


Il termine «compassione» esprime l’amore viscerale di una madre verso il figlio. È questa la compassione del Padre per tutti i suoi figli. È Dio che ama tutta l’umanità, ogni uomo ha per lui un valore infinito, è suo figlio, ha dato il Figlio per ogni uomo. Quindi è il partecipare a questa compassione di Dio, a questa maternità di Dio, il principio della mia missione, della mia vocazione, della mia relazione con l’altro. Qui il motivo della compassione è il vedere le folle vagare senza una direzione precisa. Non è questa la situazione dell’umanità di oggi? Il capire questa compassione, l’amore infinito di Dio per questa umanità, la tenerezza per queste persone mi dà lo stesso cuore di Dio e, comunque, vivo da fratello nei loro confronti, senza escludere nessuno. Come cristiani siamo chiamati a prenderci a cuore questo mondo, che spesso non ha un pastore che lo conduce alla vita; come cristiani siamo chiamati a indicare quelle fresche sorgenti a cui abbeverarci e a cui trovare vita.

Preghiamo con il Salmo

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.

(dal Salmo 23)

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