II Domenica di Avvento

Bar 4,36-5,9; Sal 99 (100); Rm 15,1-13; Lc 3,1-18

«Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene… Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio.» (Rm 15,1-2.7)

In questo testo l’argomento è chiaro: si tratta di servire il fratello, in particolare quello più debole. Qui la debolezza è intesa come debolezza nella vita di fede. Paolo invita a prendersi a cuore chi è debole, cioè mettersi a servizio della sua crescita nella fede. Il passaggio è sempre da quella libertà che guarda solo a se stessa a una libertà che si mette a servizio dell’altro, che si impegna a stare al suo passo, a camminare insieme. Un aspetto importante, quello dell’imitazione di Cristo, è qui riaffermato con chiarezza. Bisogna farsi servitori dei fratelli come Cristo, cercare, come lui, ciò che è bene per tutti, sia per chi condivide le nostre scelte, sia per chi fa scelte diverse. L’imitazione di Gesù Cristo è il criterio normativo per le scelte del cristiano, prima e oltre le direttive della Chiesa, prima e oltre le leggi e le tradizioni, prima e oltre l’essere tradizionalisti o progressisti, praticanti o “lontani”.

Preghiamo con il Salmo

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo
e gregge del suo pascolo.
Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

(dal Salmo 100)

 

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