Ss. Cirillo e Metodio

 

  Is 52,7-10; Sal 95; 1Cor 1,16-23; Mc 16,15-20

 

Il lieto annunzio, il vangelo, è che Dio è in mezzo agli uomini, che ne è il redentore, e che le ragioni della tristezza non ci sono più. (Is 52)

 

Cirillo e Metodio furono veramente pionieri di quella che oggi si chiama “inculturazione”, cioè il tradurre la fede nella cultura del paese invece di imporre la propria. Essi tradussero la Bibbia in slavo celebrarono la liturgia in lingua slava, una audacia per la quale furono denunciati a Roma da missionari latini. Venuti dal papa per discolparsi, furono capiti, approvati da lui che, dopo la morte di Cirillo avvenuta appunto a Roma, un 14 Febbraio, consacrò Vescovo san Metodio e lo rimandò nei paesi slavi a continuare la sua opera di evangelizzazione. Oggi si è preso più coscienza di questo problema che per secoli ha causato incomprensioni, condanne e ritardi nell’evangelizzazione. Ormai ci si rende conto che la fede è separabile da ogni cultura e deve radicarsi in ognuna di esse, come fermento che le impregna del vangelo. È un problema non solo di popoli diversi, ma di generazioni diverse: in ogni generazione la fede domanda di essere espressa in modo nuovo. È sempre la stessa, ma è un fermento di vita che chiede di crescere e di trovare sempre nuove forme per progredire. Proprio Gesù ha paragonato il vangelo a un seme di senapa che cresce, si trasforma, diventa un albero.

 

Preghiamo col Salmo

 

Dite tra i popoli: “Il Signore regna!”.

Sorregge il mondo, perchè non vacilli;

giudica le nazioni con rettitudine.

 
 

 

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