Giovedì 11 maggio

 

 

At 13,13-42; Sal 88 (89); Gv 7,14-24

 

Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e si mise a insegnare. I Giudei ne erano meravigliati e dicevano: «Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?». Gesù rispose loro: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato» (Gv 7,14-16).

 

Questo passo è incentrato sul mistero di Gesù, il cui insegnamento interroga i suoi contemporanei: egli è maestro senza aver frequentato le scuole rabbiniche. Da chi riceve il suo insegnamento lui che non ha seguito le orme di un maestro riconosciuto dal giudaismo? La sua risposta è chiara: il suo maestro è Dio, da cui riceve il suo insegnamento, perché quello che sa viene da lui e parla di lui. Il Vangelo di Giovanni ritorna spesso sull’idea che Gesù rivela il Padre (cfr. Gv 1,18). Il mistero di Dio è manifestato da Gesù, il Figlio di Dio. Ogni idea di Dio che l’uomo si è costruito è sua invenzione, scoperta, immaginazione. Invece la rivelazione di Gesù fa conoscere il mistero di quel Padre con cui il Figlio è sempre in comunione e che egli stesso manifesta al mondo. Nell’ascolto di Gesù l’immagine di Dio si fa trasparente all’uomo, così che egli può cogliere qualcosa di quel mistero ineffabile e incomprensibile, quel mistero che si era manifestato al popolo d’Israele ma che nel Figlio si è detto nella sua pienezza.

 

Preghiamo

 

Signore Gesù,

tu ci riveli il mistero di Dio.

Per mezzo di te conosciamo il Padre

e siamo introdotti nella verità

della sua rivelazione

che tocca la nostra vita.

 

[da: La Parola ogni giorno. L’esistenza “in Cristo”, Quaresima e Pasqua 2017, Centro Ambrosiano, Milano]

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