Ct 1,5-6b.7-8b; Sal 22; Ef 2,1-10; Gv 15,12-17

 

«Ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi». (Gv 15,15)

 

 

Noi siamo, nel nostro intimo, un terreno di conflit­ti. Se ci è capitato di sentire su noi lo sguardo d’amore di Gesù, questo basta a farci spendere l’esistenza alla ricerca e per il ritrovamento dello stesso. L’assenza di quello sguardo crea in noi una voragine, o meglio la rivela. Il riceverlo nuovamente dà pace e senso a tutto il cammino precedente.

Ma in noi c’è come una ribellione sotterranea. Non ci piace essere dipendenti ed essere creature significa essere dipendenti. Come faccio ad essere sicuro che la persona cui mi affido non cambi idea su di me? Come faccio ad affidare la mia felicità nelle mani di un altro, fosse pure l’Altro per eccellenza? Questi conflitti, apparentemente astratti, si ripercuotono sulle nostre relazioni, le più importanti e quotidiane.

Gesù ci sta preparando al dono dello Spirito. Quest’ultimo, respiro di Dio, darà fiato ai nostri poveri polmoni, poiché il nostro diffidare è aria viziata e malsana. Lo Spirito ci riporta e ricorda le parole che intercorrono tra Padre e Figlio. Lo Spirito ci accompagna, ci educa e ci insegna che in Dio non siamo soli e che vale la pena di scommettere e rispondere all’Amore con cui siamo amati.

 

Preghiamo col Salmo

 

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.

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