Sir 50,1a-b; 44,16a-23c;45,3b.12a.7.15e-16c, Sal 88 (89); Ef 3,2-11; Gv 10,11-16

 

«E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore».              (Gv 10,16)

 

Giovanni tinteggia un quadro a diverse tonalità per descrivere la differenza fra l’amore di Dio per noi e quello che farebbe colui che non ha alcun interesse verso la nostra vita, il mercenario. La cura del Padre si allarga anche a pecore che non sono di questo recinto, alle quali si rivolge con la stessa cura e attenzione. Potremmo dire che il bene disseminato ovunque chiede di allargare i confini del nostro sguardo, di affinare la vista per scorgerlo là dove non ce lo saremmo aspettato. Èil bene che è presente nel mondo dove gesti d’amore e di accoglienza non hanno la nostra “etichetta”, ma restano di accoglienza e di amore, comunque. E diventeremo un solo gregge con un solo pastore: è l’invito a dialogare con tutti, ad aprirsi al di là di quei confini immaginari ristretti che ci poniamo per riconoscere e alimentare tutte le azioni di bene ovunque vengano fatte.

 

Preghiamo

 

Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla.

Su pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce.

Rinfranca l’anima mia,

mi guida per il giusto cammino

a motivo del suo nome.

       (dal Sal 23)

 

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