VIII Domenica dopo Pentecoste

Gdc 2, 6-17; Sal 105 (106); 1Ts 2, 1-2. 4-12; Mc 10, 35-45

Allora il Signore fece sorgere dei giudici, che li salvavano dalle mani di quelli che li depredavano. Ma neppure ai loro giudici davano ascolto, anzi si prostituivano ad altri dèi e si prostravano davanti a loro. Abbandonarono ben presto la via seguita dai loro padri, i quali avevano obbedito ai comandi del Signore: essi non fecero così. (Gdc 2,16-17)

Il passato racchiude una promessa per il presente e per il futuro, ma non è una garanzia, un’ipoteca che escluda la necessità di impegnarsi in prima persona. Il presente florido non è assicurato da un passato glorioso, ma è uno sprone perché nel presente si assumano responsabilità. Fare memoria è insufficiente, si tratta di rendere vivo ciò che vale per sempre.
Così accade ad Israele dopo la morte di Giosuè, quando molti diventano infedeli. Eppure, la fedeltà del Signore è più forte del tradimento del popolo: i giudici sono strumento perché tutti tornino a seguire la legge.
Anche oggi l’esperienza personale, collettiva, ecclesiale, è segnata da periodi nei quali pare ormai distante l’epoca della fedeltà gioiosa al Signore, come se il passato sia un periodo glorioso, ma concluso. Ciascun cristiano ha la responsabilità di scoprire come sia possibile rendere viva e presente la traccia del Signore che in Gesù si è rivelato vicino a partire da ciò che è piccolo e quotidiano.

Preghiamo

Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti
e furono abbattuti per le loro colpe;
ma egli vide la loro angustia,
quando udì il loro grido.

dal Salmo 105 (106)

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