V Domenica dopo Pentecoste
Gen 17, 1b-16; Sal 104 (105); Rm 4, 3-12; Gv 12, 35-50
Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio». (Gen 17,3-8)
L’alleanza che è stabilita dal Signore con Abram determina un cambiamento radicale: è promessa di una vita nuova, del tutto inattesa e per il momento non ancora realizzata. La promessa però non cambia solo le condizioni esteriori, migliorandole al massimo grado; è qualcosa di ancora più grande, si tratta di un cambiamento determinante, di una vita nuova segnalata dal mutare il nome. Il nome, ciò che identifica una persona, viene modificato, perché chi incontra il Signore e vive con lui ha accesso a un’esistenza rinnovata. Quell’esperienza, che per alcuni si concretizza in momenti precisi della vita, in realtà ogni giorno è offerta a tutti, possibilità di un nuovo inizio nel quale fare memoria dell’alleanza che il Signore ha stretto con ciascuno.
Preghiamo
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.
Dal Salmo 104 (105)