Martedì della VII settimana di Pasqua
Ct 5,6b-8; Sal 17 (18); Fil 3,17 – 4,1; Gv 15,10
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore. (Gv 15,10)
Gesù intende dire questo: se ascolterete e metterete in pratica i miei insegnamenti, ciò che mi avete visto fare, scoprirete la bellezza di una relazione nutriente, vera, amicale con me e soprattutto troverete la fonte per amare (agàpe) con quella gratuità, fino al dono di voi stessi, per il bene di chi vi è accanto. Esattamente come ho fatto io con voi. Se accoglierete il mio amore, sarete capaci di vivere come ho fatto io, vivrete l’«amatevi come io ho amato voi», questa è la via della gioia. Gesù è l’amore di Dio incarnato; è quel Dio che non si ferma davanti al male dei suoi figli, ma va in cerca della pecorella, della dracma smarrite e va incontro al figlio che aveva abbandonato la casa del padre. Ancor di più, troviamo il vertice dell’agàpe di Dio verso l’umanità nell’ultima cena, quando il Signore, offrirà la sua vita come presenza duratura attraverso l’eucaristia. Giovanni ai piedi della croce è testimone oculare di quel fianco squarciato (cfr. Gv 19,37), della morte in croce di Gesù, nel volgersi di Dio contro sè stesso nel dono gratuito e incondizionato per rialzare e salvare l’umanità. Dove sta la sapienza del vivere bene in questo mondo? Nel dono di sé a modello della Pasqua di Cristo.
Preghiamo
Ti amo Signore mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza,
mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
(Salmo 17)