Giovedì della III settimana di Pasqua
At 6,8-15; Sal 26 (27); Gv 6,16-21
Stefano, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. (At 6,8)
La costituzione Lumen Gentium al n. 42 afferma: «Il vero discepolo di Cristo è contrassegnato dalla carità sia verso Dio sia verso il prossimo. Avendo Gesù, figlio di Dio, manifestato la sua carità, dando per noi la sua vita, nessuno ha più grande amore di colui che dà la sua vita per lui e per i suoi fratelli». È sinteticamente descritto il ritratto del vero discepolo del Signore, quale è stato il diacono Stefano. La caratteristica che viene descritta è che «non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava». Sapienza e Spirito Santo ridisegnano la fisionomia umana di questo diacono che lo fanno assomigliare in tutto a Gesù fino alla morte, come vedremo nei versetti proposti domani. È solo la fede nel risorto, la sua presenza viva nella comunità cristiana, l’assecondare il dono dello Spirito che previene nell’azione che permettono di riconoscere in un discepolo i lineamenti di Cristo che opera nella Chiesa. È la sapienza, dono dello Spirito Santo, che ci aiuta a vedere l’intervento di Dio nel nostro quotidiano, e che mette sulle nostre labbra parole di vita annunciando il suo amore per l’umanità.
Preghiamo
E ora rialzo la testa
sui nemici che mi circondano.
Immolerò nella sua tenda sacrifici di vittoria,
inni di gioia canterò al Signore.
(Sal 26)