Martedì della II settimana di Pasqua

At 1,15-26; Sal 64 (65); Gv 1,43-51

Giuda dunque comprò un campo con il prezzo del suo delitto e poi, precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere. (At 1,18)

A differenza della tradizione del Vangelo di Matteo (27,3-8), l’intento dell’evangelista Luca è quello di dare una interpretazione nella fede alla drammatica vicenda di Giuda. Nel suo discorso Pietro spiega come sia un “atto dovuto” la sostituzione dell’apostolo traditore; cita il testo di Sapienza 4,19 che descrive la morte dell’empio che ha perseguitato e ucciso il giusto, ed anche versetti dei Salmi 69 e 109. Giuda ha condiviso la sorte riservata agli empi perché ha tradito l’uomo giusto che Dio gli aveva posto accanto. L’uomo em-pio, colui che non è “pio”, cioè “figlio”, andrà incontro al castigo, non avrà onori e dovrà rendere conto dei peccati commessi. La sua stoltezza sta nel non aver riconosciuto l’opera di Dio che aveva davanti agli occhi, Gesù il figlio di Dio, preso dal proprio tornaconto personale (prestigio, denaro, potere) non ha esitato a sopprimere il giusto. La numerosa discendenza dell’empio non avrà futuro. Il futuro l’avrà chi riconosce l’opera di Dio fatta carne, Gesù di Nàzaret morto e risorto, che assicura vita e risurrezione a quanti lo accoglieranno, scoprendo il dono di essere figli nel figlio. Lo Spirito Santo ci doni la grazia di saperlo riconoscere presente nella vita quotidiana fatta di scelte precise.

Preghiamo

Con i prodigi della tua giustizia, tu ci rispondi, o Dio,
nostra salvezza, fiducia degli estremi confini della terra
e dei mari lontani.

(Sal 64)

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