Mercoledì della settimana della III Domenica dopo l'Epifania
Sir 44, 1; 49, 1-3; Sal 140 (141); Mc 4, 35-41
Il ricordo di Giosia è come una mistura d’incenso, preparata dall’arte del profumiere. In ogni bocca è dolce come il miele, come musica in un banchetto. Egli si dedicò alla riforma del popolo e sradicò gli abomini dell’empietà. Diresse il suo cuore verso il Signore, in un’epoca d’iniqui riaffermò la pietà. (Sir 49,1-3)
Ricordare il re Giosia è motivo di speranza: il motivo del suo valore sta certo in quanto ha fatto, ma emerge soprattutto perché la sua opera è stato un chiaro opporsi a chi non seguiva più il Signore. L’immagine usata da libro del Siracide, di colui che sa dirigere il cuore verso il Signore fa pensare al tentativo di chi si muove per andare in una direzione mentre soffia il vento contrario. Questa è stata la forza di quel re, capace di opporsi al sentire comune, al facile scadere nell’iniquità.
Quel contesto non era però esclusivo della sua epoca, ancora oggi ogni cristiano può domandarsi se è capace di resistere con forza quando sarebbe molto più facile e rassicurante seguire la corrente della malvagità e della mediocrità.
Preghiamo
Poni, Signore, una guardia alla mia bocca,
sorveglia la porta delle mie labbra.
Non piegare il mio cuore al male,
a compiere azioni criminose con i malfattori:
che io non gusti i loro cibi deliziosi.
dal Salmo 140 (141)