Sabato 7 aprile, dell'Ottava di Pasqua - in Albis depositis
At 3,12b-16; Sal 64 (65); 1Tm 2,1-7; Gv 21,1-14
«Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare». (Gv 21,7)
“È il Signore!” costituisce la professione di fede in Gesù risorto: è l’espressione, sintetica ed efficace, per esprimere che Gesù di Nazaret è Dio ed è vivo in mezzo a noi. È il modo con il quale il discepolo amato annuncia agli altri, e a Pietro per primo, che Gesù non è rimasto nell’oscurità della morte e che il male non ha avuto la meglio su di lui. Il rifiuto dell’uomo è stato superato e la vittima innocente è stata riscattata. Il crocifisso non è rimasto appeso alla croce né confinato dietro la pietra del sepolcro. La parola dell’odio e della violenza è stata superata da quella della misericordia e del perdono.
Riconoscere, dunque, che il Signore sta lì dove ci troviamo, nelle vicende quotidiane delle relazioni e del lavoro, significa trovare il coraggio e la forza di ripetere il gesto di Pietro: buttarsi. Pietro, con grande slancio, non esita ad andare incontro al risorto. Allo stesso modo il credente supera incertezze e dubbi ed osa e rischia. Si butta. La fede dà entusiasmo e forza, trasmette il coraggio di scelte decisive, vince ogni timore. Nel segno di questa fede non si affonda ma si approda alla comunione e alla gioia.
Preghiamo
Ti ringraziamo, Signore della vita,
perché non nascondi il tuo volto nelle nostre giornate.
Tu sei sorgente di perdono, sei fonte di comunione,
in te rinnoviamo la nostra professione di fede.